mercoledì 6 febbraio 2013

Perchè le persone non credono ai sondaggi e come si dovrebbero fare

"secondo me sparano numeri a caso"
"sono tutti truccati"
"li fanno per avvantaggiare chi li paga".
Quante volte si sentono queste ed altre critiche ai sondaggi. In particolare quelli elettorali. E come dare torto a chi vede numeri "ballare" a secondo del giorno della settimana, dellì'istituto che li realizza e di cento altri fattori.
Anche io spesso dubitavo dei sondaggi prima di lavorare in questo settore. Sin da piccolo vedevo la mitica Doxa che rilasciava in anticipo i risultati delle elezioni. E mi dicevo "non è possibile, non ci azzeccheranno nemmeno stavolta". Ed ogni volta quasi per magia verificavo che invece ....
Poi ho iniziato a bazzicare i settore.
E ai sondaggi ho imparato a credere solo e se vengono fatti in modo appropriato. Sono uno strumento di misurazione e come tale vanno trattati.
Ma bisogna subito distinguere le 2 finalità che possono avere:
  1. una misurazione sceintifica: dove si cerca di tener conto di ogni possibile fonte di errore, dove il successo è minimizzare tutti gli errori e centrare tutte stime
  2. una misurazione a fini di marketing e propaganda: dove quel che conta è creare tramite la diffusione dei dati una modifica nella percezione dell'opinione pubblica, e sperabilmente anche una traduzione in comportamenti futuri
Voglio soffermarmi su quest'ultimi. Non credo che chi realizza questi sondaggi sia così in malafede da "truccare" i dati al punto da aggiungere o togliere punti percentuali a questo o a quel partito. Quel che credo (e chi ci lavora sa bene che funziona così) è che tra le tante simulazioni che vengono condotte, questi vanno a prendere quelle più favorevoli a chi si vuol sostenere.
Faccio un esempio banale, ma credo istruttivo: calcolare la stima dell'esito di voto in funzione della partecipazione al voto stesso, altera e di molto le stime. Se considero l'intero campione avrò un certto risultato. Se tolgo dalla stima finale coloro che dichiarano che sicuramente non andranno a votare, le stime cambiano. Qual è quella più "giusta"? A livello di base la risposta è la seconda: quella senza coloro che dichiarano di non recarsi alle urne. Ora di fattori di questo tipo ce ne sono N e sopratutto all'interno di questi fattori ci sono delle gradazioni (es: sicuramente non andrò a votare, quasi sicuramente non andrò a votare, ecc ecc).
Ecco perchè chi fa questo mestiere deve dosare bene le proprie considerazioni, ponderazioni (in questo caso non pensieri, ma procedure statistiche di pesatura), stime, modelli, ecc.
E se posso aggiungere la mia personale esperienza non sono in grado di farlo:
  • gli statistici puri cui sfugge la dimensione politica.
  • i giornalisti cui sfugge completamente la dimensione tecnica
  • i dottori in scienze politiche cui manca un po' di tutte queste competenze
  • i laureati in ingegneria, lingue, o altre materie che in realtà formano, ma non su questi temi
E allora chi? La mia risposta è: team di professionsiti con estrazioni differenti ed esperienze differenti ed un metodo di lavoro validato e basato su più metodologie di elaborazione.
E anche un pizzico di fortuna  :)

2 commenti:

  1. Però è anche vero questo:
    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/sondaggio-o-son-desto-la-manipolazione-del-consenso-passa-attraverso-i-sondaggisti-militanti-quali-50476.htm

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  2. infatti dico che alcuni di questi potrebbero avere la tentazione di prendere le stime dove i committenti "escono" meglio, Tuttavia quell'articolo lo trovo alquanto mal impostato. Su alcune vicende si dobvrebbe approfondire, mentre altre appaiono del tutto pretestuose. Uno come Pagnoncelli non dovrebbe lavorare per Ballarò? Perchè? E che senso avrebbe rovinare una carriera trentennale per un sondaggiuo preelettorale? continuerà a fare quel lavoro per altri 20 anni, mica cerca poltrone...

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