martedì 22 maggio 2012

AAA vendesi Fan & Follower: e le statistiche?

Nell'Italia digitale che "conta" è scoppiata la polemica sui "conti" :)
Camisani Calzolari (che ama definirsi innovative disruptor) ha gettato lo scoglio (era più di un sasso) nello stagno digitale della penisola dicendo che secondo lui l'80% dei follower (twitter) e fan (FB) sono inesistenti. Ovvero profili che vengono utilizzati per far crescere numeri che restituiscano a marchi e personalità il senso del loro successo sulla Rete. La questione è stata affrontata in modo esagerato dal Corriere (che fa il suo mestiere di amplificatore di notizie, ma che dovrebbe imparare a citare le fonti in modo corretto) e il dibattito ha alzato immediatamente il tiro. 
I commenti al post di Marco Camisani Calzolari sono stati numerosissimi e le accuse di aver reso un cattivo servizio al marketing digitale è stata la critica più ridicola che ho letto. Cerchiamo di capire alcuni perché:

a. perché quando presentiamo un progetto se puntassimo solo al numero di fan sarebbe un gioco da ragazzi usare questi strumenti, ma non staremmo rendendo un servizio al cliente (che ci paga) ma a noi stessi

b. perché ci sono agenzie e società che millantano numeri come quelli citati che fanno addirittura più del 80% di fake fan e follower

c. perché non solo la dimensione, e nemmeno solo il coinvolgimento dei fan, sono sufficienti ad una campagna di marketing digitale

d. perché tenere nel buio delle cantine l'officina dei numeri è solo un modo per fingere (a tutti i livelli)

Ed allora io rilancio:

1. Che mi dite di Facebook Insight che è a dir poco uno strumento che genera numeri a caso? 

2. Che mi dite di alcune incongruenze macroscopiche che partorisce Google Analytics?

3. Che mi dite dell'assenza di statistiche di G+?

lunedì 21 maggio 2012

SURFER: La ricerca e la ricerca della ricerca con Google


Si chiama Knowledge Graph il nuovo servizio che Google ha introdotto quale aggiunta ai celebri risultati di ricerca che da anni offre gratuitamente al mondo della Rete. Ad affiancare Page Rank, l’algoritmo che rappresenta il cuore di Google, si affiancheranno quindi, sul lato destro della pagina altri risultati “contestuali”. Essi sono basati sull’associazione di parole chiave con i risultati ricercati (o presunti tali) da parte dei navigatori, offrendo un panorama più completo, o quantomeno più vasto di risposta. Il servizio che per ora funziona solo negli Stati Uniti si basa sul gigantesco archivio che Google ha a disposizione grazie alle interazioni di ricerca di più di 10 anni.
Secondo alcuni osservatori si tratterebbe della più colossale operazione di data mining mai concepita e realizzata, resa possibile oltre che dalle menti illuminate di Mountain View dalla potenza dei processori e dalla memoria sempra più estesa dei server.
Secondo altri invece si intravvedono tutti i pericoli connessi alla creazione di Big Brother in grado di indirizzare a proprio piacimento i gusti e le preferenze di milioni di utenti.
La svolta di Google segue un tentativo analogo compiuto da Bing per cercare di erodere quote di mercato al leader. Ma al di là della motivazione commerciale, il nuovo modo di concepire i motori di ricerca sembra davvero aver segnato un passo decisivo.